Sto in aeroporto.
Mentalmente non sento tanto l’ansia.
Sono le membra che si squagliano, è il mio corpo che reagisce per conto suo, che reagisce a una testa anestetizzata. Lo stomaco si rivolta, le braccia e le gambe tremano, non sono più mie.
I miei genitori abbracciati che mi guardano dal vetro.
Una scena molto da film, no?
I miei genitori abbracciati che mi guardano dal vetro.
Una scena molto da film, no?
Lo stomaco sprofonda, i polmoni si asciugano, in petto ho una spugna, secca, madida, porosa.
Divento goffa. Più di quanto tu già non sia.
Goffe le dite, non hai più nemmeno quelle, ruvide le labbra.
Divento goffa. Più di quanto tu già non sia.
Goffe le dite, non hai più nemmeno quelle, ruvide le labbra.
Non lacrimi, ma bruci dietro la palpebre. La nausea. L’eccitazione.
E la consapevolezza di poter dire “Me ne sono andata di casa. Sono un’adulta, ormai.”
Me ne sono andata di casa.
La mia ultima notte da adolescente se ne è andata con un sonno disturbato.
Ma alla fine, per quanto mi senta persa e angosciata, per quanto già mi manchi la mia casa ( con quel senno del prima che altro non è che la consapevole accettazione di un dolore futuro) sono felice.
La mia ultima notte da adolescente se ne è andata con un sonno disturbato.
Ma alla fine, per quanto mi senta persa e angosciata, per quanto già mi manchi la mia casa ( con quel senno del prima che altro non è che la consapevole accettazione di un dolore futuro) sono felice.
E’ l’inizio di una nuova avventura, è l’inizio di qualcosa di nuovo. E’ un inizio di me.